l’architettura della crisi

L’architettura della Crisi - Stefano Menotti Colucci

venerdì 31 05 2019

La crisi economica di questo periodo ormai lungo ha comportato non solo una crisi economica ma anche una crisi socio culturale. In questo contesto come si pone il ruolo dell’architetto rispetto alla priorità dettata dalla continua richiesta di progetti efficienti che rispondano alla domanda immediata del mercato esclusivamente in termini tecnici ed economici. Come disse Heinstein per ottenere nuovi risultati bisogna cambiare anche gli strumenti. E’ pur vero che per saper leggere la differenza tra un paesaggio o un progetto concepito per l’uomo, è necessario cambiare gli occhi di chi guarda. Il mondo nichilista tecnologico contemporaneo ha perso gli stumenti di lettura, non ha più le infrastrutture mentali per capire e utilizzare gli stumenti tecnologici culturali che la modernità mette a nostra disposizione. In questo panorama il ruolo dell’architetto viene letto come un tecnologo in grado di infiocchettare il prodotto di una società di ingegneria, o peggio come colui in grado di dialiogare con le maestranze , o come esperto di sistemi antincendio o esperto della sicurezza. Questi aspetti fanno certamente parte del nostro patrimonio tecnologico, ma la nostra capacità è proprio quella di saper coniugare la tecnica con i veri bisogni dell’uomo!. Un parco può essere un bosco incolto o un prato, ma un parco antropotizzato è differente! una casa può essere un elemento funzionale ma se ben concepito saprà offrire all’uomo una vera casa. Mettere ordine nel caos potrebbe essere il nuovo motto dell’architetto. 


Nel panorama culturale attuale la salvezza è rappresentata solo dal saper restituire gli occhi e le chiavi di lettura ai fruitori dell’ambiente. Un lettore che non sa leggere non capirà mai la poesia, la potrà capire solo se letta da un vero attore, è quindi necessario restituire all’uomo gli strumenti per saper leggere la bellezza.“La bellezza salverà il mondo”: Dostoevskij ci dicecome. Per Dostoevskij la contemplazione della Madonna di Raffaello era la sua terapia personale, perché senza di questa avrebbe disperato degli uomini e di se stesso, davanti ai tanti problemi che vedeva. Nelle sue opere ha descritto persone cattive distruttive e altre che vivevano immerse negli abissi della disperazione. Ma il suo sguardo, che metteva in rima amore con dolore condiviso, riusciva a vedere la bellezza nell’anima dei più perversi personaggi. Per lui il contrario di “bello” non era “brutto” ma utilitaristico, lo spirito di usare gli altri e così rubar loro la dignità. 


Come ci ha insegnato Pascoli con la sua poetica del Fanciullino, dovremmo imparare a guardare il mondo con gli occhi dei bambini, gli unici in grado di osservare con stupore ciò che ci circonda e a capire il vero valore delle cose semplici della vita come un abbraccio o una carezza.

L’arte può e deve essere un mezzo con cui elevare l’uomo e aiutarlo ad esprimere tutta la bellezza della nostra vita e del nostro Creato. In fondo, come ha affermato l’astronauta dell’ESA Luca Parmitano contemplando la Terra dallo spazio: “Non ho le parole per descrivere come la Terra sembri dallo spazio. Ci sarebbe bisogno di un poeta”.


Tutti abbiamo bisogno di agire, sappiamo consumare ma non sappiamo coltivare, per agire bisogna saper leggere, interpretare e poi agire. Non possiamo magari agire su una città ma sul nostro balcone si. La chiave per agire è saper creare le condizioni affinche certi fenomeni avvengano.